Massimo Arcangeli

Da Platone a Facebook. Eziologia e antropologia della scrittura nella storia della civiltà occidentale

Cos’è scrivere, e perché scrivere?

Ibsen e Beckett, Orwell e Vargas Llosa, Peter Handke e Orhan Pamuk, Marguerite Duras e Amélie Nothomb, Karl Popper ed Emil Cioran, Edward Bulwer-Lytton e Bret Easton Ellis, Calvino e Vittorini, Tondelli e Maraini. Sono solo alcuni dei tanti intellettuali, scrittori, drammaturghi, filosofi che, negli ultimi due secoli, hanno riflettuto sulla scrittura e sulle ragioni che la animano. Non è stata ancora scritta una storia della nostra civiltà da questo punto di vista, che tenga anche conto del terremoto prodotto dall’avvento dei social network e dai suoi sistemi compulsivi o autarchici (da Selvaggia Lucarelli a Barbara D’Urso).
Le considerazioni che farò, pure in parte debitrici di quella che avverto ormai come un’esigenza personale ancor prima che accademica, saranno soprattutto funzionali, in conseguenza dell’assunto iniziale, alla costruzione di adeguati modelli di rispecchiamento sociale dell’attività di scrittura nella storia dell’immaginario occidentale.

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Massimo Arcangeli
(Università di Cagliari) – È professore ordinario di linguistica italiana. Si occupa di numerosi aspetti della lingua italiana antica e moderna e svolge anche una intensa attività come critico letterario.
È autore di numerosi volumi, fra i quali ricordiamo Il glossario quattrocentesco latino-volgare della Biblioteca universitaria di Padova (Accademia della Crusca, 1997), Il linguaggio pubblicitario (Carocci, 2008), Il Medioevo alle porte (Liberilibri, 2009), Cercasi Dante disperatamente. L’italiano alla deriva (Carocci, 2012).
Fra le sue numerose collaborazioni, si ricordano quelle con l’Istituto della Enciclopedia Italiana, con la Società Dante Alighieri, con Rai International, con SAT 2000 e con vari quotidiani («la Repubblica», «La Stampa», «Il Manifesto», «L’Unità», «Liberazione», «L’Unione sarda»). Dirige, per l’editore Zanichelli, un Osservatorio della Lingua Italiana.